Starbucks, il colosso statunitense che serve caffè e cappuccini a milioni di persone al mondo (ha aperto anche in Italia), si aggiunge alla lista di multinazionali che hanno deciso di non fare più pubblicità su Facebook e gli atri social.
Decine di aziende hanno aderito alla campagna di protesta Stop hate for profit. L’invenzione di Mark Zuckerberg è stata accusata di non fare abbastanza per contrastare i contenuti razzisti che fomentano l’odio nelle sue pagine. StarBucks ha informato che non aderisce formalmente alla protesta, ma ha confermato di aver sospeso gli investimenti pubblicitari su ogni piattaforma social.
Prima di Starbucks, Coca–Cola, Levi Strauss, Uniliver, Honda, Verizon, Ancora, The North Face, Patagonia e Mozilla hanno ritirato le loro pubblicità sui social, in articolare su Facebook.
«Siamo convinti che si debba fare di più per creare comunità online accoglienti e inclusive, e crediamo che sia i leader aziendali sia i responsabili politici debbano unirsi per contribuire a un cambiamento reale. Interromperemo la pubblicità su tutti i social media mentre continueremo le discussioni interne con i nostri partner e con le organizzazioni per i diritti civili nel tentativo di fermare la diffusione dell’hate speech», ha spiegato un portavoce della bibita gasata più famosa al mondo.
È un brutto colpo per le entrate pubblicati della creatura di Mark Zuckerberg già sta soffrendo delle conseguenze di queste protesta, lanciata il 17 giugno da un gruppo che promuove la lotta per i diritti civili e che include le americane NAACP, Color of Change e Anti-Defamation League. Secondo Bloomberg le perdite per la sospensione di questi sponsor ammonterebbero a circa 8 miliardi di dollari. Il Ceo di Facebook ha risposto alla campagna e alle critiche sulla disinformazione che viaggia sulla piattaforma, annunciando nuove etichette che evidenziano i post relativi al voto americano e che rimandano a una pagina informativa. «Non ci saranno eccezioni per i politici in nessuno di questi casi», ha detto. Aggiungendo: «Sono ottimista sul fatto che possiamo fare progressi in materia di salute pubblica e giustizia razziale, mantenendo le nostre tradizioni democratiche intorno alla libertà di espressione e di voto». E il boicottaggio prosegue.