• (+34) 655-445-885
  • mail@lucavaccari.com
  • Lun – Ven: 9:00–18:00
  • Avda Amado Granell Mesado, 75 - 5M | 46013 - Valencia (Spagna)

Un professionista che non apporta soluzioni è parte del problema.

La consulenza alle imprese in Spagna con l’algoritmo di Google

17 GENNAIO 2017 | di Redazione de Il Corriere della Sera

di Roberto Pellegrino

Quando la maggior parte dei suoi amici coetanei ventenni guardava alla Spagna come a un giardino di divertimenti, Luca Vaccari, oggi 41enne, imprenditore abruzzese, guardava a sud-ovest con la consapevolezza che quel Paese, tanto simile all’Italia per lingua, abitudini e carattere, sarebbe stata un’ottima vetrina per presentare e diffondere il miglior “Made in Italy”.

Così, a 25 anni Luca si stabilisce a Valencia, senza conoscere nessuno, notando che porto cittadino è in espansione sul Mediterraneo, anche grazie alla fama ereditata dall’America’s Cup. Quello è il posto giusto per una società di consulenza dedicata alle aziende italiane che vogliono parlare anche spagnolo.

Perché non esistono soltanto Madrid, Barcellona o le festaiole Isole delle Baleari che Luca considera «Troppo simili a Milano o Roma con troppe regole e troppa burocrazia». Da zero fonda la sua prima società, assume la carica di amministratore delegato, costruisce una squadra di professionisti e coinvolge la sua compagna spagnola, avvocato, conosciuta di lì a poco. «Ana è il prezioso tramite per comprendere l’imprenditoria spagnola».

Apre uno studio vicino al mare, «Perché la luce limpida del Mediterraneo aiuta a sentirsi meglio». Lancia il sito della società, studiando con caparbia l’algoritmo alla base di Google, per carpirne i segreti. «Per gli imprenditori doveva essere facile e immediato trovarci nel Web, partendo da una semplice parola».

Riceve molti contatti, ma gli chiedono spesso un consiglio su come spostare la produzione in Spagna, per pagare meno tasse, o addirittura eludere il pesante regime fiscale italiano. «Questo non era ciò che volevo fare, era, proprio ciò che odiavo sentirmi chiedere», racconta Luca Vaccari al Corriere della Sera.

«Da subito ho spiegato a ogni imprenditore che non lo avrei “risparmiato” dal Fisco: il mio lavoro è di permettere a un’azienda di Milano o Palermo, di qualsiasi taglia, di espandersi in Spagna, di ottenere una grande visibilità e operatività, mantenendo, però, la testa e il cuore in Italia e con i piedi sul suolo iberico».

Perché la Spagna e non la Grecia o il Portogallo? «Ho la presunzione di credere che la Spagna abbia bisogno di ottimi esempi dell’imprenditoria italiana. Da sempre i nostri “cugini” spagnoli ci invidiano per come riusciamo a creare un prodotto, valido, unico e anche esteticamente bello.

Ma soprattutto la Spagna ha un regime fiscale morbido con le PMI, ha leggi che ne aiutano la crescita, che permettono assunzioni facili e licenziamenti veloci, ha incentivi che mirano a contratti a tempo indeterminato con notevoli sgravi fiscali.

Dal 2013 l’imposta delle società che grava sulle startup è stata ridotta drasticamente al 15% ed è l’unica imposta presente, non esistono addizionali né IRAP. Questo ha fatto sì che già nel 2014 si creassero 94mila nuove aziende, diventate 360 mila a fine 2016».

La Spagna ha anche una posizione strategica nel Mediterraneo. «Ho scelto Valencia per questo, un porto commerciale in espansione che ha surclassato Genova, superato Barcellona e che tallona Marsiglia. E poi la Spagna è un ponte solido per raggiungere il Sudamerica ed esportare il business: si sfruttano le infrastrutture e le credenziali iberiche per raggiungere, da privilegiati, Messico, Argentina e Brasile».

Che cosa manca agli imprenditori spagnoli? «Oltre a dei validi riferimenti, mancano spesso le idee e, soprattutto, quell’ingrediente che è l’italianità: il nostro Paese tra i suoi tanti imprenditori, ha Romano Artioli, un ottimo esempio di manager illuminato che prende la Bugatti e la rende un’azienda internazionale (Bugatti International nel 1987, ndr), mettendoci soldi e idee. E mantenendo, però, la produzione in Italia. Perché il cuore, per farci amare, deve rimanere sempre italiano».