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Un professionista che non apporta soluzioni è parte del problema.

1 Le mille facce e risorse della Comunità Valenciana (Spagna)

Intervista a Luca Vaccari, consulente aziendale in Spagna

«Il mio studio di consulenza nasce dalla volontà di costruire una struttura capace di dare assistenza alle società italiane in Spagna. L’Italia ha sempre avuto una realtà industriale imponente in Europa, ma allo stesso tempo non ha mai sviluppato una forte rappresentanza all’estero. Con quest’idea chiara in mente, molti anni fa, ho capito quale sarebbe stata la mia missione in un terreno che nessuno imprenditore italiano voleva percorrere». 

Parola di Luca Vaccari, quarantenne manager di origine abruzzese dal 2002 in Spagna, cui chiediamo quale fosse il suo obiettivo professionale.

«La mia intenzione era di costruire uno studio di consulenza, e nel medesimo tempo, ricercare una sede idonea e professionale che indicasse i solidi valori del mio lavoro, valori ereditati dall’immenso patrimonio e know-how dell’imprenditoria italiana».

Ci può spiegare in cosa consiste la vostra realtà.

«Il mio è uno studio di avvocati e commercialisti che presta consulenza strategica alle aziende italiane in Spagna. Nei nostri uffici lavora un team di dieci professionisti guidati dal sottoscritto che sono l’amministratore delegato.

E anche la consulenza rimane il core business del gruppo, nel corso degli anni, l’attività si è ampliata con l’apertura di un Business Center dedicato ai nostri clienti italiani».

Perché lei ha scelto proprio la Spagna, considerando anche le potenzialità di tutti gli altri Paesi europei?

«La Spagna mi ha sempre impressionato per il fatto che, malgrado alla fine degli anni Novanta presentasse forti ritardi nel campo economico e sociale rispetto al resto d’Europa, c’era una ferrea volontà di crescita e un grande desiderio d’innovazione. Una forte volontà che, benché la tremenda crisi economica del 2008, è ancora presente e avvertibile: questo lo si riscontra nella velocità in cui le riforme sono approvate dagli esecutivi che si alternano. Oggi la Spagna ha una politica liberale più solida, dispone di un basso costo della vita, paragonabile a quello dell’Italia degli anni Ottanta. Inoltre, punto fondamentale, la Spagna è un Paese moderno e innovativo che ha fatto scelte esemplari e molto azzeccate nello sviluppo della tecnologia».

Quali sono state, a suo avviso, le riforme chiave che hanno portato alla rinascita iberica?

«Diciamo innanzitutto che nessun Paese europeo si può definire fuori dalla crisi economica, Germania inclusa, ma ci sono Paesi che hanno intrapreso la giusta direzione, con tagli radicali e sofferti alla spesa pubblica, con la flessibilità del mercato del lavoro e soprattutto con l’abbattimento del carico fiscale alle società. Ecco, qui posso dirle che nel 2012 la Spagna ha fatto leva su queste tre riforme in tempi rapidissimi e oggi vanta un PIL annuo di un +3,5% a discapito di tutti gli altri paesi europei, Germania inclusa».

Quindi la Spagna è un esempio da seguire in Europa?

«La questione non è se c’è o meno il bisogno di esempi, ma di agire in fretta e con tenacia. Dal 2013 in Spagna l’imposta delle società che grava sulle startup è stata ridotta drasticamente al 15% ed è l’unica imposta presente, non esistono addizionali né IRAP. Questo ha fatto sì che già nel 2014 si creassero 94mila nuove aziende».

Lei considera l’Italia un Paese con una forte vocazione industriale, ce ne faccia un esempio.

«Penso a Romano Artioli, che saluto con affetto. Alla sua grande passione per le automobili, al progetto Bugatti e Lotus. Soltanto a causa di alcune sfortunate circostanze, il progetto Bugatti non andato come doveva: m ci ha lasciato modelli d’auto che tutto il mondo dell’automobilismo ci invidia perché sono inimitabili». 

A suo avviso il Sig. Artioli rappresenta un grande esempio d’imprenditoria italiana?

«Il successo dell’imprenditoria italiana è spesso nascosto dietro personaggi poco conosciuti. Io ammiro questo grande imprenditore che, a mio avviso, è un esempio nazionale. Lui è sempre stato innamorato dei motori e s’improvvisò e divenne il fautore della rinascita della Bugatti, investendo ben 100 miliardi delle vecchie lire, creando uno dei veicoli stradali più all’avanguardia e rivoluzionario della storia, la EB110».

Cosa consiglierebbe a un imprenditore italiano?

«Non bisogna mai perdere di vista le proprie qualità imprenditoriali. La possibilità di svilupparle che non è arrivata per anni, può essere dietro l’angolo. L’Italia è e resterà sempre un Paese di grandi industriali, all’estero ne abbiamo esempi palesi. E non dimentichiamoci che l’imprenditore è chi crea una crescita certa e tangibile».