Se qualcuno pensava che ci sarebbe stata un’accelerazione per formare il Governo a Madrid, dopo la ripetizione elettorale di novembre, casca male. Gli spagnoli prima di vedere un nuovo, tanto anelato, esecutivo, dovranno aspettare almeno il 2020. Da febbraio l’ultimo esecutivo di Pedro Sánchez va avanti ad interim, in pratica per inerzia, gestendo l’indispensabile. Ma è dal 2018 che in Spagna c’è un bloqueo politico dovuto al fatto che la legge elettorale proporzionale non è più adatta per gestire il Paese dopo il crollo definitivo del bipartitismo che dal 1978 garantiva la rapida elezione di un governo.
L’11 novembre, il giorno dopo le legislative c’era già, inaspettatamente, un pre accordo tra i Socialisti di Sánchez e Podemos, le trattative con il partito della Sinistra Repubblicana Catalana (ERC), di stampo indipendentista, stanno andando per le lunghe. ERC è l’ago della bilancia nella formazione del Governo della XIV legislatura spagnola: il suo appoggio all’investitura a premier del segretario generale socialista permetterà di avere un esecutivo che così a sinistra, in Spagna, non si era mai visto.
Tuttavia a incidere sulle prossime mosse di ERC, PSOE e UP c’è la spinosa questione dei politici e attivisti catalani condannati a vari anni di galera lo scorso 10 di ottobre dal Tribunale Supremo di Madrid per disobbedienza, malversazione di denaro pubblico e sedizione. Considerato, poi, che la sinistra catalana ha il suo presidente Oriol Junqueras, attualmente ospite delle galere spagnole con una condanna a tredici anni (di cui due già scontati in attesa del processo), la più che delicata.
PSOE e UP assieme non hanno la maggioranza, e per formare il Governo hanno bisogno dell’astensione, nella votazione di investitura, di altri partiti (loro puntano sugli indipendentisti e regionalisti). ERC dovrebbe permettere questa investitura, ma prima di farlo si vuole assicurare che Madrid soddisfi alcune condizioni, tra cui oltre la ripresa del dialogo sull’indipendenza, anche i detenuti politici catalani.
A gennaio, quindi, si attendono giorni di dure trattative e, soprattuto, una fine per accordarsi e governare. Perché se si giungesse a un nuovo nulla di fatto, come lo scorso aprile, e la candidatura di Sánchez fosse bocciata, re Felipe VI dovrà incaricare nuovamente il segretario socialista (o un altro del partito vincitore delle elezioni) per mettere assieme una maggioranza, anche minima, per fare un Governo. Questo entro la fine di gennaio, perché poi, gli spagnoli, per la quinta volta dal 2015, saranno chiamati ancora alle urne.