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Un professionista che non apporta soluzioni è parte del problema.

Coronavirus, Remuzzi: «I nuovi positivi non sono contagiosi, stop alla paura»

Secondo il Professor Giuseppe Remuzzi, uno dei massimi ricercatori scientifici, chiudere nuovamente la Lombardia per un nuovo allarme diCovid-10  «È assurdo. Piuttosto, l’Istituto superiore della Sanità e il Governo devono rendersi conto di quanto e come è cambiata la situazione da quel 20 febbraio ormai lontano. E devono comunicare di conseguenza. Altrimenti, si contribuisce, magari in modo involontario, a diffondere paura ingiustificata».

Il professore Giuseppe Remuzzi (1949) è uno dei massimi specialisti in nefrologia e ricercatori scientifici. Ha collaborato come docente di Nefrologia per diverse università italiane, britanniche e statunitensi. Relativamente al suo livello accademico e di rilevanza nel mondo scientifico, basandosi sull’H-index viene considerato uno dei migliori ricercatori italiani.

Anche con una media giornaliera del 70-80 per cento dei nuovi contagi concentrati in una sola regione, il professor Remuzzi nega un nuovo lockdown. «Bisogna spiegare cosa sta succedendo alla gente, che giustamente si spaventa quando sente quei dati. Qui all’Istituto Mario Negri stiamo per pubblicare uno studio, che contiene alcune informazioni utili per capire, almeno così mi auguro. È una breve premessa, spero non troppo noiosa, sul funzionamento dei tamponi. Per la ricerca del virus si usa la tecnica della reazione a catena della polimerasi (Pcr), in grado di amplificare alcuni specifici frammenti di Dna in un campione biologico. Per il Covid-19, funziona così. Il genoma del coronavirus presente sui tamponi, ovvero l’Rna, viene trascritto a Dna e amplificato mediante tecnica Pcr, che aumenta enormemente il materiale genetico di partenza. Più elevato è il contenuto sul tampone di Rna, quindi di virus, e meno dovrà essere amplificato».

In questo momento si stanno raccogliendo  e analizzando i dati dello studio. «Abbiamo condotto uno studio su 133 ricercatori del Mario Negri e 298 dipendenti della Brembo. In tutto, quaranta casi di tamponi positivi. Ma la positività di questi tamponi emergeva solo con cicli di amplificazione molto alti, tra 34 e 38 cicli, che corrispondono a 35.000-38.000 copie di Rna virale».

Questo significa che sono casi di positività con una carica virale molto bassa, non contagiosa. «Li chiamiamo contagi- continua il professore Remuzzi – , ma sono persone positive al tampone. Commentare quei dati che vengono forniti ogni giorno è inutile, perché si tratta di positività che non hanno ricadute nella vita reale».

La chiave è quindi il Rna, che misura la potenza contagiosa del virus. «Sotto le centomila copie di Rna non c’è sostanziale rischio di contagio, secondo un lavoro appena pubblicato da Nature e confermato da diversi altri studi. Quindi, nessuno dei “nostri” 40 positivi risulterebbe contagioso. Questo significa che il numero dei nuovi casi può riguardare persone che hanno nel tampone così poco Rna da non riuscire neppure a infettare le cellule. A contatto con l’Rna dei veri positivi, quelli di marzo e inizio aprile, le cellule invece morivano in poche ore».

Tuttavia uno studio del Mario Negri non è rassicurante al 100 per cento. «Infatti. Uno studio del Center for Disease Prevention della Corea su 285 persone asintomatiche positive ha rintracciato 790 loro contatti diretti. Quante nuove positività? Zero. E le risparmio altri studi che vanno in questa direzione».

Ma si devono ancora continuare a contare i tamponi?
«Adesso ne sappiamo di più. L’Iss e il governo devono qualificare le nuove positività, o consentire ai laboratori di farlo, spiegando alla gente che una positività inferiore alle centomila copie non contagiosa, quindi non ha senso stare a casa, isolare, così come non è più troppo utile fare dei tracciamenti che andavano bene all’inizio dell’epidemia».

«Se il virus circola da mesi e poi esplode come accaduto in Lombardia, quel metodo rischia di diventare controproducente, a meno di avere a disposizione una organizzazione pazzesca tipo Wuhan. L’attuale sistema basato sui tamponi no è sbagliato, ma sta andando avanti in modo burocratico con delle regole che non tengono conto di quello che sta emergendo dalla letteratura scientifica».

Solitamente ci vuole minimo un anno prima che la comunità scientifica e i governi recepiscano i risultati degli studi. «Ma in questo caso specifico sarebbe meglio accelerare, altrimenti si crea un panico ingiustificato».