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Un professionista che non apporta soluzioni è parte del problema.

Recovery Fund, il summit dei leader Ue deve decidere su 1.850 miliardi di aiuti e prestiti

Oggi i capi di Stato e di governo dei 27 Stati membri dell’Unione europea si incontrano in video conferenza per discutere di Next Generation Eu, il Recovery Instrument da 750 miliardi agganciato al bilancio Ue 2021-2027 da 1.100 miliardi, nella formula proposta dalla Commissione europea il 27 maggio scorso.

Una pioggia di fondi senza precedenti per aiutare la ripresa nei Paesi più duramente colpiti dalla crisi economica scatenata dal diffondersi del coronavirus e per trasformare l’economia dell’Ue in modo sostenibile e digitale.

La sede della Commissione Europea  a Bruxelles da dove è partita la videoconferenza con i capi di Stato dei 27 Paesi membri della Comunità Europea.

L’Italia è il principale beneficiario seguito da Spagna e Polonia: al nostro Paese andrebbero 172,7 miliardi di euro, di cui 81,807 miliardi di trasferimenti e 90,938 miliardi di prestiti, a Madrid 140,4 miliardi, divisi tra 77,3 miliardi di aiuti e 63,1 miliardi di prestiti. La Francia avrà a disposizione 38 miliardi di sole sovvenzioni.

Il Consiglio europeo non sarà risolutivo, c’è ancora molta distanza tra i Paesi, ma c’è la volontà di fare presto e di arrivare a un accordo entro la fine di luglio. Si ipotizza un vertice di persona forse il 9 luglio. Gli Stati membri sono concordi che serva «una risposta eccezionale a questa crisi senza precedenti, commisurata alla magnitudo della sfida» ma sulle modalità ci sono molte divergenze.

Charles Michel è il Presidente del Consiglio Europeo. 

«C’è ancora abbastanza strada da fare» e «dovremo lavorare duramente nei prossimi giorni e settimane» ha scritto il presidente del Consiglio europeo, Charles Michel, nella lettera di invito ai 27 capi di Stato e di governo dell’Ue per il vertice in videoconferenza. Una spinta ai negoziati verrà dalla Germania, che dal primo luglio assume la presidenza di turno dell’Ue.

La proposta della Commissione Ue è sostenuta da un gruppo di Stati, tra cui l’Italia, la Francia, la Spagna e il Portogallo che vogliono un approccio ambizioso sia del Recovery Fund sia del bilancio Ue. Anche la Germania difende la proposta che in parte ricalca quella franco-tedesca che proponeva 500 miliardi di aiuti a fondo perduto per i Paesi più in difficoltà.

Sono molto critici, invece, i cosiddetti frugali: Olanda, Austria, Svezia e Danimarca che vorrebbero solo prestiti e non trasferimenti e contestano l’architettura della proposta nel suo insieme oltre che il volume.

Non vedono nemmeno la necessità di uno strumento ponte da 11,5 miliardi visto che sono già a disposizione 540 miliardi tra la nuova linea di credito del Mes per le spese sanitarie dirette e indirette legate al covid (240 miliardi), i fondi anti disoccupazione del meccanismo Sure (100 miliardi) e i fondi per le Pmi della Bei (200 miliardi).

In più chiedono che il prossimo bilancio Ue sia «moderno», ovvero meno soldi da destinare alla coesione e alla politica agricola europea. Ci sono poi i quattro Paesi di Visegrad: Polonia, Repubblica Ceca, Slovenia e Ungheria, che stavolta non sono compatti. Varsavia infatti è il terzo beneficiario (63,8 miliardi tra prestiti e grant).

Le critiche arrivano dall’Ungheria — il premier Orban ha detto che il Recovery Fund toglie ai Paesi poveri per dare ai Paesi ricchi del Sud — e dalla Repubblica Ceca. Anche Irlanda e Finlandia considerano la proposta sbilanciata a favore dell’Europa meridionale.

Next Generation Eu si sviluppa su tre pilastri: aiuti agli Stati, stimolo agli investimenti privati, sostegno di quei progetti che la crisi ha mostrato cruciali. Lo strumento principale per aiutare la ripresa degli Stati membri è la Recovery and Resilience Facility, che prevede un sostegno finanziario per investimenti e riforme per accelerare la ripresa e rendere le economie dei Paesi Ue più resilienti e preparate al futuro.

Ha un budget di 560 miliardi tra prestiti (250) e trasferimenti (310). Per accedere a questi fondi i governi devono presentare dei Piani nazionali di ripresa che dovranno essere in linea con gli obiettivi del Semestre europeo (quindi con le Raccomandazioni specifiche per Paese della Commissione), con i Piani energia e clima e i programmi Ue.

C’è poi un secondo strumento chiamato «React-Eu» (valore 55 miliardi) che interverrà attraverso la politica di coesione per far arrivare gli aiuti ai territori, alle Regioni, alle città e alle imprese, ai settori dal turismo alla cultura. Il criterio di allocazione delle risorse terrà conto dell’impatto della crisi e non sarà quello della politica di coesione. Infine saranno rafforzati due programmi esistenti: quello sullo sviluppo rurale e il Just transition mechanism, per una transizione verde equa, che passa da 7,5 miliardi a 40 miliardi.

I criteri di allocazione dei fondi provenienti dalla Recovery and Resilence Facility sono la popolazione, il prodotto interno lordo pro capite (inverso) e la disoccupazione (la media degli ultimi 5 anni comparata alla media Ue nel periodo 2015-2019). In base a questi parametri l’Italia risulta essere la più colpita dalla pandemia e in base ai dati forniti dalla Commissione, il massimo contributo a fondo perduto disponibile per Roma sarebbe di circa 60 miliardi, pari ad oltre il 20% del totale.

I criteri di allocazione sono tra i punti su cui non c’è ancora convergenza nel negoziato tra gli Stati membri, così sulla durata dell’aiuto. Next Generation Eu è un programma temporaneo, della durata di due anni. I fondi andranno distribuiti il più velocemente possibile, per la Commissione almeno il 60% della sovvenzione dovrebbe essere impegnato legalmente entro la fine del 2022, mentre il resto entro la fine del 2024. Ma per ottenere il via libera la tempistica prevista è lunga: una volta presentato il piano nazionale di ripresa la Commissione ha quattro mesi di tempo per analizzarlo e dare il via libera, cui seguirà l’esame del Comitato costituito dai rappresentanti degli Stati membri. Per l’esborso della prima rata passano poi altri due mesi. La Commissione è al lavoro per accorciare i tempi.

Il secondo pilastro mira ad accelerare la ripresa e a dare un impulso agli investimenti privati. Il Solvency Support Instrument permetterà di ricapitalizzare le imprese in difficoltà a causa del Covid in tutti i settori ripristinando una situazione di equilibrio nei confronti di quei Paesi più indebitati e che dunque hanno meno possibilità per aiutare le imprese in difficoltà. Sarà operativo già da quest’anno e avrà un budget di 31 miliardi in grado di sbloccare più di 300 miliardi di investimenti.

Le garanzie arriveranno dal bilancio Ue e saranno messe a disposizione dalla Banca europea per gli investimenti (Bei) e dalle banche di promozione nazionale. Per l’Italia è la Cdp. Sarà rafforzato anche il programma InvestEu, eredità del Piano Juncker. Cresce il ruolo della Cdp che potrà gestire direttamente le garanzie Ue (in passato il tramite era sempre la Bei).

Il terzo pilastro è chiamato «Lezioni dalla crisi» e ha l’obiettivo di non far trovare impreparata l’Ue in caso di nuove emergenze. Saranno creati nuovi programmi per rendere l’Ue più forte di fronte a nuove crisi e rafforzati quelli esistenti. In particolare la Commissione propone l’istituzione del programma EU4Health con un budget di 9,4 miliardi per investire in prevenzione, soluzioni di emergenza, approvvigionamento di materiale sanitario e medicine ecc. Saranno poi rinforzati programmi di ricerca come Horizon Europe.

Per poter finanziare il Recovery Fund la Commissione andrà sui mercati emettendo bond che saranno garantiti dal prossimo bilancio Ue. Si tratta di una svolta politica molto importante. Anche se non è una mutualizzazione del debito, è un passo avanti perché si tratta di emissione di titoli comuni finalizzata a un obiettivo (anche con Sure è così). Per aumentare la potenza di fuoco del bilancio Ue e raccogliere i 750 miliardi, la Commissione propone di intervenire sulla cosiddetta headroom, la differenza tra gli impegni annuali e il massimo teorico delle risorse proprie (che per trattato è uguale al massimo teorico delle spese), alzandola facendo salire le risorse proprie.

La Commissione propone quindi di aumentare temporaneamente il tetto delle risorse proprie al 2% del reddito nazionale lordo. Il debito così emesso dovrà essere rimborsato tra il 2028 e il 2058, attraverso il bilancio comune post 2027. Per reperire fondi Bruxelles propone di includere nuove risorse proprie da tasse sulle emissioni, sulle grandi multinazionali, sulla plastica e Web tax.

Nell’elaborare il piano di ripresa nazionale l’Italia dovrà tenere conto delle raccomandazioni della Commissione pubblicate a maggio, che chiedono di intervenire sul sistema sanitario; sul mondo del lavoro per garantire un’adeguata protezione dei lavoratori, in particolare gli atipici, ma anche mettendo in campo politiche attive; rafforzare l’insegnamento e le competenze a distanza, incluse quelle digitali; assicurare l’applicazione delle misure che forniscono liquidità all’economia reale, incluse le Pmi, le aziende innovative e gli autonomi, ed evitare i ritardi nei pagamenti. In particolare la Commissione chiede anche di promuovere gli investimenti per la ripresa, con un focus sul green e la digitalizzazione: energie pulite, ricerca e innovazione, trasporti, e rafforzamento dell’infrastruttura digitale.

Quarta raccomandazione: migliorare l’efficienza del sistema giudiziario e l’efficienza della pubblica amministrazione. Insomma, l’ipotesi di usare i soldi europei per tagliare le tasse non rientra tra le trasformazioni considerate prioritarie dall’Ue.