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Un professionista che non apporta soluzioni è parte del problema.

Recovery fund, accordo lontano. L’Olanda non cede

“Franca e costruttiva” ha definito l’incontro con il ministro degli Esteri Luigi Di Maio l’omonimo olandese  Stef Blok. All’ordine del giorno c’era il  “Recovery plan” europeo, sul quale sembra, siano state trovate posizioni comune, anche se manca ancora un accordo ufficiale.

I ministri degli Esteri Olanda, Stef Blok (a sinistra) e Luigi Di Maio. Si sono incontrati a Roma per discutere del Recovery Fund, gli aiuti dell’Unione Europea ai Paesi che più stanno subendo la crisi economica per l’epidemia del Covid-19. 

Blok ha invitato l’Italia a “rendere la sua economia più competitiva e le proprie finanze pubbliche sostenibili”. A Roma, il ministro degli Esteri olandese, Stef Blok, ha incontrato anche il ministro agli Affari europei, Vincenzo Amendola per discutere sul Piano europeo di rilancio economico. Lo stesso Blok, in una videoconferenza con la stampa, ha riferito:

“È importante che Giuseppe Conte, il presidente del Consiglio italiano, abbia organizzato gli Stati Generali per lanciare delle proposte di riforma”. Ha sottolineato con i suoi colleghi italiani: “L’importanza delle ‘Raccomandazioni specifiche per paese’ che la Commissione europea emette ogni anno, e che costituiscono una buona base per qualsiasi pacchetto di ripresa”.

Il ministro per gli Affari Europei, Vincenzo Amendola ha incontrato assieme a ministro Luigi Di Maio, il ministro degli Esteri dell’Olanda Stef Blok.

Blok ha insistito: “Qualsiasi pacchetto di ripresa deve portare un’insieme di misure per un’economia più competitiva e a finanze pubbliche più sostenibili”.
Poi il ministro degli esteri olandese ha precisato: “È intenzione del Governo olandese raggiungere un accordo, ma non c’è garanzia di successo; perché abbia successo abbiamo bisogno di passi sostanziali”. Ritornando all’importanza, per i Paesi beneficiari, di attuare le “Raccomandazioni specifiche per paese”, ha ricordato: “Contengono un’intera lista di azioni, incluso il risanamento di bilancio, ma anche riforme per l’istruzione, il sistema giuridico, il mercato del lavoro, ognuna con una sua tempistica diversa”.

Blok ha confermato la posizione olandese contraria alle sovvenzioni europee, sostenendo che le emissioni di titoli di debito da parte della Commissione europea possono essere redistribuite agli Stati membri solo attraverso prestiti diretti. In merito il ministro degli Esteri olandese ha affermato: “Il Trattato europeo è molto chiaro e non permette all’Ue di indebitarsi per finanziare la spesa corrente. E’ un modo di disciplinare l’esborso di denaro da parte del bilancio comunitario”.

Il ministro degli Esteri olandese Stephanus “Stef” Abraham Blok, (1964). È capo del Dicastero degli Esteri dal 2018, in passato è stato ministro della Giustizia e della Sicurezza.  È laureato in Economia aziendale all’Università di Groninga.

A chi obiettava che la logica dietro le sovvenzioni Ue ai paesi più colpiti, che sono anche quelli finanziariamente più fragili, è proprio quella di evitare che il debito di quegli stessi Paesi aumenti fino a diventare insostenibile, Blok ha risposto che è per questo che il governo olandese insiste sulla la necessità di rendere le economie dei paesi beneficiari più competitive. Blok ha spiegato: “La sostenibilità del debito pubblico è in rapporto al Pil, e dipende anche dal tasso di crescita del Pil: per questo noi chiediamo anche che l’economia sia competitiva, perché vi sia più crescita”.

Blok ha sostanzialmente riconosciuto la validità dell’argomento della Commissione secondo cui il Piano di rilancio deve evitare che si allarghino le divergenze fra le economie degli Stati membri, mettendo a rischio l’integrità del mercato unico. In proposito il ministro olandese ha detto: “L’economia olandese sarà colpita moltissimo, perché è un’economia aperta, che vive di esportazioni e che quindi soffre se le altre economie Ue arretrano”.

Infine, rispondendo a una domanda sulla proposta della Commissione di introdurre nuove “risorse proprie”, prelievi (come la web tax, una imposta societaria minima per le multinazionali o tasse ambientali) per finanziare direttamente il bilancio comunitario, il ministro olandese ha osservato in conclusione: “E’ la base dell’economia il fatto che qualsiasi nuova tassa, alla fine, viene pagata dal consumatore. E’ per questo che non siamo affatto entusiasti di avere delle nuove risorse proprie”.

Al ministro degli Esteri olandese che è venuto per fare lezione di bilancio, il ministro degli Esteri italiano ha tentato parole per convincere Blok: “È un dovere degli Stati fondatori dell’Ue, quali sono l’Italia e i Paesi Bassi, dare una risposta straordinaria ad una crisi straordinaria di cui nessuno ha colpa”. Ma su questo sono tutti d’accordo. Sono le modalità che creano le divisioni.

Ma se non si arriva ad un accordo sul ‘Recovery fund’ c’è il Mes già utilizzabile. Il ministro olandese è stato chiaro anche su questo: “L’Eurogruppo ha già raggiunto un’intesa sul Mes che è a disposizione di tutti gli Stati europei. Il Mes è ancora aperto”. Ma in Italia, sull’utilizzo del Mes, c’è l’opposizione di Lega e Fratelli d’Italia.
E’ evidente che l’intesa a 27 sul ‘Recovery Fund’ è ancora lontana. A Bruxelles non escludono un secondo vertice entro la fine di luglio, oltre al Consiglio europeo straordinario convocato oggi dal presidente Charles Michel per il 17 e 18 luglio ma che sarà presieduto da Angela Merkel.

A luglio sarà la prima volta che i 27 leader europei si incontreranno di persona da quando a marzo sono state decise le misure di lockdown per pandemia. Non si vedono fisicamente tutti insieme dal 20 febbraio scorso, quando si chiusero in summit a Bruxelles per due giorni senza trovare un’intesa sul bilancio pluriennale 2021-2027, proprio nelle stesse ore in cui a Codogno emergevano i primi casi di contagio da covid.

A metà luglio si riprenderà proprio da lì, dal bilancio pluriennale che nel frattempo la Commissione europea ha proposto di modernizzare per fare in modo che inglobi il nuovo Recovery fund: 750mld di euro, ripartiti tra 500mld di sussidi e 250mld di prestiti, da raccogliere sul mercato con bond emessi dalla Commissione e con risorse proprie (tasse sul digitale, carbon tax e altre) da istituire.

Finalmente c’è una data per il summit straordinario di luglio, voluto in presenza a Bruxelles per favorire la discussione e magari la firma dell’intesa. Ma l’accordo ancora non c’è, nonostante gli evidenti segnali di attenzione di un paese recalcitrante come l’Olanda nei confronti dell’Italia. Blok ammette: “L’Italia è stata particolarmente colpita dalla crisi, ma anche l’Olanda lo è stata”.

Il ministro Di Maio ha ringraziato per gli aiuti arrivati dall’Aja: 32 tonnellate di gel disinfettante, segnale modesto che l’Italia ha apprezzato. Il ministro degli esteri tedesco Heiko Maas, incontrando il ministro Di Maio, e ha riferito della “disponibilità dell’Austria e dell’Olanda a trattare”.

Heiko Josef Maas (1966), ministro degli Esteri del Governo tedesco di Angela Merkel dal 2018. In precedenza è stato, sempre sotto la cancelliera, ministro federale della Giustizia e Tutela del Consumatore del governo Merkel III.

Sembrerebbe chiaro che i paesi ‘frugali’ riusciranno a mantenere i cosiddetti ‘rebates’, gli sconti ai contributi sul bilancio dell’Unione di cui beneficiano perché non sfruttano molto i fondi europei. Ma si tratta ancora sul resto: la dimensione totale del fondo, la proporzione tra sussidi e prestiti, la ripartizione delle risorse.

Quest’ultimo tema punta dritto alla Polonia, destinataria di 64mld di aiuti, al terzo posto per le risorse che le vengono assegnate dopo Italia e Spagna (rispettivamente 172mld e 140mld), anche se è stata meno colpita dalla pandemia rispetto ad altri Paesi come il Belgio.

La sededel Parlamento europeo a Strasburgo.

I 27 Paesi dell’Ue restano ancora avvitati su trattati precedenti la situazione di emergenza e non cercano di adeguarli per renderli più rispondenti alla nuova realtà imprevista per il Covid. Continuano a rimanere ancorati ad una situazione di stallo senza pensare ai percorsi da fare per realizzare lo Stato Federato dell’Unione europea.
Il Governo Conte dovrebbe comprendere che non sarà la riforma fiscale italiana a fare la differenza, ma quella dell’Unione europea. Una riforma per uniformare i diversi regimi fiscali ed alla quale, conseguentemente, si dovrebbero adeguare tutti gli Stati membri.