• (+34) 655-445-885
  • mail@lucavaccari.com
  • Lun – Ven: 9:00–18:00
  • Avda Amado Granell Mesado, 75 - 5M | 46013 - Valencia (Spagna)

Un professionista che non apporta soluzioni è parte del problema.

L’economia spagnola guarda sempre più a Est

La Spagna da sempre guarda a Ovest. La sua secolare frequentazione delle “colonie americane” prima come conquistadores e invasori, poi, distanza di secoli come  riferimento politico, economico e culturale affidabile. E come partner commerciale europeo. La lingua e la cultura hanno permesso alle aziende spagnole di espandersi con molta facilità nell’ultimo secolo.

Nonostante ciò, la terra del Re Felipe VI non è comunque impermeabile alle tendenze macroeconomiche e nell’ultimo decennio, la Spagna ha iniziato con insistenza a guardare anche a Est, consolidando forti relazioni con la Cina, sull’onda di nuove rotte commerciali prima poco esplorate dagli operatori spagnoli.

Lo scorso dicembre la visita del presidente cinese Xi Jinping a Madrid ha aperto  ulteriormente gli spazi di collaborazione e scambio tra i due Paesi.  Ji Jinping per la prima volta dalla sua elezione ha scelto la Spagna che primo Paese europeo per la sua visita. La cosa non deve sorprendere più di tanto. I numeri della crescita accompagnano la Spagna e la rendono particolarmente appetibile rispetto ad altre realtà europee. Inoltre, la Cina sta facendo shopping anche da queste parti, dopo aver sbocconcellato altri mercati del nostro continente. Così, anche le aziende spagnole si stanno facendo irretire dalle sirene mandarine.

In particolare, stanno “soccombendo” numerose piccole e medie imprese di stampo familiare che non hanno saputo (o voluto) affrontare con serenità il ricambio generazionale. Meglio vendere prima di rinsecchirsi. Laddove c’è un’idea brillante e un buon inserimento di prodotto sul mercato, ecco che arriva l’investitore cinese.

Durante il vertice, Pedro Sánchez e Xi Jinping hanno affrontato numerosi argomenti di ordine economico e commerciale. In primis, va rilevata la decisione netta e precisa del governo cinese di offrire nuovi e generosi sbocchi per l’export spagnolo nel settore agroalimentare. Dopo l’incontro sono stati  sottoscritti accordi specifici in aree ulteriori come ricerca e sviluppo, impiego e fiscalità internazionale. Ciò dovrebbe impensierire alcuni partner europei che potrebbero veder insidiata la propria posizione, ad oggi privilegiata, nei rapporti con il gigante asiatico. Tra le varie alte disquisizioni ufficiali e le più prosaiche chiacchiere davanti a un bicchiere di Rioja, è probabile che si sia parlato anche di Brexit, immigrazione e Real Madrid.

Siamo invece assolutamente certi che il premier spagnolo Pedro Sánchez non avrà menzionato il progetto di controllo reale degli orari di lavoro che vuole implementare in Spagna. Di cosa si tratta? Semplice: in un Paese che vive in un fuso orario de facto tutto suo, con giornate lavorative interminabili, il presidente socialista vuole intervenire a favore dei millenials ed è deciso a razionalizzare la tempistica degli orari di lavoro.

In altre parole, verrà prossimamente varata una norma di legge in forza della quale si eseguiranno controlli effettivi sulle imprese affinché vengano rispettati gli orari di uscita dal luogo di lavoro. Mai più giornate-fiume dunque, ma solo le otto ore canoniche con poche, pochissime eccezioni per gli straordinari. È molto difficile immaginare che Sánchez si sia anche solo azzardato a citare questo progetto, peraltro culturalmente rivoluzionario da queste parti, con il leader di un Paese che ha fatto dello sfruttamento sistematico dei lavoratori il principale motore della propria fortuna economica.