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Un professionista che non apporta soluzioni è parte del problema.

Quando morire è un diritto

La terribile vicenda di Noa Pothoven, la ragazza di diciassette anni olandese che ha scelto di porre fine alla sua giovane vita con un suicidio approvato dalla famiglia, lasciandosi morire di fame e di sete davanti ai genitori, perché il Governo dei Paesi Bassi glielo impediva, ricorda un’altra vicenda spagnola, quella di Ramon Sampedro.

Sampedro era un pescatore galiziano che, nel 1968 a venticinque anni, subì la frattura del collo a seguito di un tuffo in un tratto di fondale basso. Un errore fatale che lo paralizzò. Per ventinove anni rimase un vegetale inchiodato in un letto, incapace di muovere un muscolo dal collo in giù, aiutato da un respiratore automatico e bisognoso anche di varie dialisi renali e scatole di medicinali per la manutenzione dei suoi organi vitali. Una vita che non era vita e che lui, dopo vent’anni decise di privarsene, ma nel rispetto delle leggi che non c’erano. Ramon iniziò una lunga e ostinata battaglia contro il Governo spagnolo per ottenere il proprio diritto all’eutanasia. La Spagna non aveva leggi sul “suicidio assistito”, ma solo divieti. Il Codice Penale avrebbe punito con la galera chi avesse aiutato Ramon ad andarsene. Anche con un semplice bicchiere d’acquea con dentro il potente cianuro di potassio che lo avrebbe ucciso in pochi minuti, senza farlo soffrire. La sua vicenda l’ha raccontata nelle sue poesie e nel suo libro “Lettere dall’Inferno”. Negli anni Novanta il suo caso arrivò fino alla Corte Suprema di Spagna che lo ascoltò, ma alla fine respinse le sue richieste. Ma Sampedro era ormai convinto della sua scelta e il 12 gennaio del 1998, finite le lunghe festività natalizie, e salutati tutti i suoi amici, dopo quasi trent’anni passati a letto immobile, in compagnia dell’amica Ramona bevve con una cannuccia, da solo, senza che nessuno lo aiutasse, un bicchiere d’acqua con dentro il veleno chimico. L’amica filmò il suo gesto fino a quando perse conoscenza e morì. Ramon Sampedro a 55 anni aveva posto così fine alla sua sfortunata esistenza, senza mostrare lacrime o disperazione, senza chiedere compassione, ma soltanto la libertà di decidere per se stesso. Fu un gesto semplice, proprio come bere un bicchiere d’acqua. La polizia arrestò Ramona con l’accusa di complicità nel suicidio assistito,  poi per mancanza di prove venne prosciolta dalle accuse.Ramon

Anni dopo Ramona confessò quella che era la ovvia e tremenda verità: fu lei a procurare il cianuro di potassio e a scioglierlo nel bicchiere che lasciò con una cannuccia davanti alle labbra di Ramon. Attualmente la Spagna, come alcuni paesi in Europa, permette al malato di decidere se rifiutare o meno le cure o l’accanimento terapeutico. Prima del 2008 l’eutanasia era vietata come in Italia e Irlanda. Fu il Governo dei socialisti a cambiare il decreto legge, dopo una lunga battaglia parlamentare.  Tuttavia il dibattito si riapre se mantenerla libera o no davanti ai fatti di cronaca come quello della ragazza olandese. Noa non era un vegetale in un letto, aveva diciassette anni. Certo aveva l’anima malata, mangiata da anni di anoressia e depressione, profondamente segnata da tre violenze sessuali subite che lei mai aveva raccontato, né denunciato. In lei non c’èra più la scintilla della vita. Ma forse con un bravo psicoterapeuta si sarebbe potuta salvare. Sicuramente. Mi chiedo come i genitori le abbiano permesso di uccidersi a soli 17 anni, età in cui ti sei appena affacciato alla vita e  tutto cambia velocemente anno dopo anno. Non credo si debba lasciare decidere a una minorenne depressa sulla sua vita.
La vicenda di Ramon Sampedro è raccontata in un gran bel film, “Mar adentro” che in spagnolo significa in alto mare, ma che fu, come al solito, tradotto male sul circuito italiano come “mare dentro”. Il film del 2004, diretto dallo spagnolo Alejandro Amenábar con Javier Bardén nel ruolo di Sampedro, fu premiato con l’Oscar, il Golden Globe e il Gran Premio della Giuria a Venezia. E Ramon l’anno scorso, a vent’anni dalla sua morte e dalla sua ostinata battaglia per morire (impiegò gli ultimi dieci anni della sua vita per strappare il diritto a scegliere e alla fine se lo prese senza il consenso di nessuna autorità), è stato ricordato in una cerimonia in Galizia, nel suo paese natale e con ampio seguito sui giornali spagnoli. Scrisse più volte e raccontò agli amici che lui da ventinove anni, ogni notte puntualmente, aveva un unico sogno ricorrente: nuotava libero sul fondale del mare, in alto mare, come piaceva a lui.