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Un professionista che non apporta soluzioni è parte del problema.

L’Uruguay stanco di nove anni di comunismo va alle urne

Urne aperte in Uruguay per il secondo turno delle elezioni presidenziali. A differenza di Bolivia, Brasile, Chile e Colombia dove la tensione è altissima da varie settimane, dopo che si sono verificati colpi di Stato e tentativi di ribellione e rivolta, finiti nel sangue, nel piccolo stato del Cono Sur regna la tranquillità. Il quotidiano statunitense New York Times racconta un fatto singolare: una decina di giorni fa, per caso alcuni sostenitori di due partiti opposti si sono incrociati nel Parque del Prado, nel centro di Montevideo, correva un po’ di tensione, come in tutte le altre province, quando il gruppo politicamente differente ha scherzato, fingendo di aggredirsi per poi iniziare a ballare assieme.

Un bel gesto di rispetto e perdono in un Paese che fino agli anni Ottanta scontava una brutale dittatura, vinta da anni di guerriglia. Tra questi guerriglieri, tra i Tupamaros, c’era un politico molto giovane che poi sarebbe diventato  Presidente dell’Uruguay dal 2010 al 2015, José Alberto Mujica Cordano, conosciuto come Pepe Mujica, classe 1935, il più singolare tra i capi di Stato per il suo stile di vita lontano da ricchezza, potere e riflettori.  Pepe è stato leader del Movimento di Partecipazione Popolare, raggruppamento maggioritario del Frente Ampio, fino alle sue dimissioni avvenute nel 2009. Il 30 novembre 2009 vinse le presidenziali, battendo al ballottaggio Luis Alberto Lacalle. Pepe è famoso perché nei suoi cinque nani di mandato ha donato metà del suo stipendio di 7 mila euro mensili in beneficenza, ha vissuto non nella casa persideniel, ma in una villetta molto modesta nella periferia di Montevideo, guidando un vecchio maggiolino Volkswagen. Durante gli inverni più freddi, ha ordinato di aprire le porte e le stanze della casa presidenziale per accogliere i senzatetto. Un presidente molto amato che anche nei suoi cinque anni di guida ha contribuito a ridurre di molto la povertà: la povertà assoluta in Uruguay si è ridotta di più di due terzi durante gli ultimi 15 anni utilizzando le misure di sostegno condizionato e di lotta alla povertà, introdotte nel Paese.

Dopo Mujica, è ritornato Tabaré Vazquez, sempre membro  del Frente Ampio, ma nella corrente Socialista. Vazquez è stato anche sindaco della capitale uruguaiana. Ma durante il regno di Tabaré, l’Uruguay  ha registrato un serio cambio del clima sociale e politico. A Montevideo e in tutto il Paese tra il 2018 e il 2019 furti, rapine e omicidi, in particolare, sono aumentati pericolosamente: gli omicidi sono raddoppiati, la gente è scesa in strada a protestare per la mancanza di sicurezza. Inoltre, negli ultimi anni c’è stato un peggioramento della situazione economica, la piccola e costante crescita economica, s’è interrotta: la disoccupazione è cresciuta, trainata dalla crisi finanziaria di molti paesi latinoamericani del continente. Si è iniziato a formare un gruppo di chi era stanco dell’alternarsi di guide comuniste o socialiste. Infatti, in trent’anni di democrazia in Uruguay, i partiti di centrosinistra racchiusi nella coalizione Frente Ampio hanno prevalso: si sono alternati socialisti, socialdemocratici, comunisti ed ex membri della guerriglia. Ma questo “fronte” ha iniziato a mostrare segni di logoramento. Al primo turno delle elezioni, lo scorso ottobre, il suo candidato Daniel Martinez, 60 anni, ex sindaco di Montevideo ed ex ministro dell’Industria, è arrivato primo con il 40 per cento dei voti, ma in vista del secondo turno non è riuscito ad accordarsi con nessuno dei suoi rivali per ottenere il sostegno. Alle elezioni parlamentari, che si sono svolte lo stesso giorno, il Frente Amplio ha perso la maggioranza dei seggi.
Un segno che forse gli uruguaiani sono pronti a dirigersi a destra, dopo quindici anni ininterrotti di sinistra al potere. Luis Lacalle Pou, il leader conservatore del Partido Nacional è stato votato da meno del 30 per cento degli elettori primo turno. Lacalle Pou, che coi suoi 46 anni è il candidato più giovane, è figlio di un ex presidente uruguaiano. È riuscito a raggiungere rapidamente un accordo con gli altri due candidati di centro e centrodestra, che hanno preso ciascuno poco più del 10 per cento, assicurandosi così una buona possibilità di rimontare al secondo turno grazie all’appoggio di loro due.