La Germania si trova davanti all’incubo del Covid-19. In un mattatoio di Gütersloh, nella Renania Settentrionale-Vestfalia, più di mille e trecento lavoratori sono risultati positivi al coronavirus. Nel mattatoio, di proprietà del gruppo tedesco Tönnies, lavorano quasi 7 mila persone – la maggior parte delle quali proveniente da Polonia, Romania e Bulgaria – e per tutte è stata imposta la quarantena.
Il presidente della Renania Settentrionale-Vestfalia, il land più popoloso della Germania, ha deciso di chiudere scuole e asili nido della zona, ma ha escluso un nuovo blocco a livello regionale. Ha detto che l’infezione è localizzata all’interno del mattatoio e che non risultano contagi significativi nel resto della popolazione: su 1331 contagiati, solo 16 non lavoravano nel mattatoio.
Nell’area del contagio sono stati inviati i militari per effettuare i tamponi ai dipendenti di Tönnies e alle loro famiglie, che risiedono in diverse città della Vestfalia. Saranno sottoposti ai test gratuiti anche tutti i cittadini della zona, e c’è la possibilità che i costi siano sostenuti dalla Tönnies stessa.
Anche se fino ad ora è stato escluso un blocco a livello regionale, Laschet – politico cristiano-democratico che potrebbe prendere il posto di Angela Merkel – ha fatto appello a tutti i residenti di Gütersloh affinché aderiscano con maggior rigore alle norme di igiene e di distanziamento fisico e perché evitino di partecipare ad eventi e incontri con più di 50 persone.
Nel frattempo, i dipendenti di Tönnies sono stati messi in quarantena obbligatoria, anche se la gestione della situazione risulta piuttosto complicata. «Alle persone deve essere fornito cibo, devi spiegare loro nella loro lingua madre qual è il problema», ha detto Laschet.
Inoltre, non si può escludere che alcuni dipendenti malati provenienti dall’estero siano già «tornati a casa». E, infine, trattandosi di più di 6 mila persone residenti a circa 1300 indirizzi è «dannatamente difficile» monitorare il rispetto della quarantena, ha detto Laschet. Centinaia di poliziotti provenienti da tutto il paese sono arrivati per migliorare i controlli ed è stato concordato con i consolati di Bulgaria, Romania e Polonia l’arrivo nella zona di interpreti, per spiegare alle persone come devono comportarsi.
Il ministro locale della Sanità Karl-Josef Laumann ha spiegato che la diffusione del contagio al di fuori del mattatoio non si è verificata perché i lavoratori rumeni, bulgari e polacchi di Tönnies hanno pochi contatti con il resto della popolazione, a causa di una scarsa integrazione: pur rappresentando un problema «questo sta giocando a nostro favore», ha detto Laumann. Laschet e Laumann hanno infine promesso per tutti la «migliore assistenza sanitaria», indipendentemente dal fatto che le persone avessero o meno un’assicurazione in Germania.
Nelle ultime settimane, diversi macelli in Germania hanno dovuto chiudere temporaneamente a causa della presenza di COVID-19 tra i loro dipendenti, sollevando preoccupazioni sulle condizioni di lavoro all’interno di questo tipo di impianti. Alcuni giornali hanno scritto che il caso Tönnies non è stato un incidente, ma che il problema è sistemico: gli spazi sono ristretti e i dipendenti sono sempre a stretto contatto tra loro. Per garantire poi un prezzo accessibile della carne, spesso le aziende di lavorazione risparmiano sui salari (che provengono in gran parte dall’Europa sud-orientale) e subappaltano la gestione degli alloggi e del trasporto dei lavoratori, con scarsissime garanzie.
Non solo: spesso vengono esternalizzati, a basso costo, anche compiti fondamentali come la macellazione e il taglio degli animali. Il sindacato NGG, che in Germania rappresenta i lavoratori dell’industria alimentare e delle bevande, ha parlato di «condizioni vergognose e disumane» nell’industria della carne: «Non è una coincidenza che il macello di Tönnies sia diventato un nuovo focolaio di infezioni» dato che i lavoratori impiegati dai subappaltatori «devono fare i conti con condizioni di lavoro e di vita catastrofiche». Il ministro del Lavoro Hubertus Heil ha a sua volta dichiarato che la fiducia nell’azienda Tönnies è ormai «pari a zero» e che anzi dovrebbe compensare economicamente il fatto di aver «tenuto in ostaggio un’intera regione» e non aver, di fatto, rispettato le norme anti COVID-19.