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Un professionista che non apporta soluzioni è parte del problema.

Gli olivicoltori protestano per il prezzo delle olive

I lavoratori spagnoli del settore olivicolo di Jaén in Andalusia sono in agitazione da una settimana. Protestano per la netta diminuzione del prezzo dell’olio grezzo e i dazi statunitensi sull’esportazione delle olive da tavola. Hanno organizzato numerose proteste, raggiungendo il ministero dell’Agricoletura a Madrid.

È ormai da due anni che i produttori di olive e di olio in Spagna protesta per il basso rezzo dell’odio e, soprattutto, per i dazi imposti dal presidente americano Donald Trump che sta danneggiando le esportazioni dalla Spagna agli Usa.

È la seconda volta in meno di sei mesi, quando lo scorso autunno nella capitale avevano organizzato una grande manifestazione bloccando strade e autostrade. Così come hanno fatto nei giorni scorsi, quando hanno interrotto il traffico sulle principali arterie di trasporto dell’Andalusia. In alcune occasioni la polizia è dovuta intervenire anche con cariche gas lacrimogeno per disperdere il blocco.
L’Andalusia è la regione d’Europa che più produce olive, per la creazione di olio alimentare e per le olive da tavola. Su questo ultimo prodotto esiste da anni un forte scontro con gli agricoltori gli Stati Uniti e Bruxelles. Washington ha imposto tariffe per l’importazione di olive da tavola che non soddisfano le aziende andaluse. Così come i precedenti Governi, anche il ministero dell’Agricoltura dell’esecutivo di Sánchez ha un braccio di ferro con le autorità statunitensi. Nel 2019 gli Usa hanno pagati quasi 75 milioni di dollari per le olive da tavolo spagnole, e il prezzo lo ha fissato la USITC, la Commissione Americana per gli Affari Internazionali che, con l’arrivo di Donald Trump, ha imposto i dazi olive spagnole, soprattutto perché il prodotto è molto popolare tra i consumatori degli Stati Uniti. Tuttavia tali tasse vanno contro gli accordi con Bruxelles approvati da anni.

José María Castilla, un lobbista per l’ala nazionale dell’Associazione dei Giovani Agricoltori Andalusi (ASAJA), ha detto che i dazi americani “sono ingiustificati e sproporzionati e uccidono la nostra politica agricola comune”. Miguel López, il segretario generale del sindacato agricolo COAG Andalusia, ha detto che 8 mila posti di lavoro sono direttamente a rischio e gli altri 2 milioni dell’indotto del settore dell’olivicoltura sono a rischio a causa delle tariffe proposte. López ha insistito che i produttori di olive spagnole sono in linea con le norme dell’Unione europea e dell’Organizzazione mondiale del commercio e ha chiesto a Bruxelles al Governo spagnolo di difendere il settore dalle “ Tariffe arbitrarie”.

L’amministrazione di Trump ha accolto le lamentele in materia di antidumping presentate dalle due società produttrici di olive in California, la Bell-Carter Foods Inc. e Musco Family Olive Co. che hanno denunciato troppe agevolazioni fiscali e commerciali nell’importazione delle olive spagnole durante la presidenza Obama.
Attualmente i dazi incidono per il 23%, ma Trump vorrebbe aumentarli al 27%. Antonio de Mora, segretario generale dell’Associazione spagnola di esportatori e industriali di olive da tavola (ASEMA), crede che i fatti trionferanno sui sentimenti e invece di partecipare alle proteste, lavora per preparare un procedimento legale contro le tariffe.
E in Italia che cosa succede? Le cose vanno anche peggio. Impossibilitati a competere con gli olivicoltori spagnoli – che hanno usato in modo intelligente gli aiuti Ue per svecchiare i metodi di coltivazione con attrezzature e macchine ultramoderne e che, a differenza, delle litigiose aziende italiane, fanno squadra e cartello davanti a Madrid, Bruxelles e Washington – gli italiani da cinque anni producono meno della metà di ciò che producevano nel 2014, a causa anche del microbo che ha infettato gli oliveti pugliesi che sono stati distrutti su ordine della Commissione europea.