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Un professionista che non apporta soluzioni è parte del problema.

Decreto Semplificazioni, Conte cede: stralciata norma sul condono edilizio

Il premier Giuseppe Conte  difende il decreto Semplificazioni anche negli articoli più controversi. E Dario Franceschini che  gli chiede di «far sparire dal testo ogni forma di condono».

Continua il braccio di ferro tra il premier e i vertici del Pd, che soffrono ogni giorno di più le scelte (o le scelte mancate), di Giuseppe Conte.

La cancelliera tedesca Angela Merkel (1954) assieme al premier italiano Giuseppe Conte (1964): i due si sono parlati al telefono per 45 minuti sui fondi di aiuto europei.

Lo scontro tra i Dem e il Movimento sui fondi europei non accenna a placarsi, anche perché Giuseppe Conte ha ricevuto una telefonata di Angela Merkel. Quasi 45 minuti alla vigilia del semestre di presidenza tedesca, a cui Palazzo Chigi guarda con ottimismo. La conversazione con la cancelliera sul programma Next Generation Eu in vista del Consiglio europeo del 17 e 18 luglio sarebbe stata «molto costruttiva», il che smentirebbe gli attriti innescati dal pressing di Merkel sul Mes: il prestito a interessi zero per la sanità che non piace proprio al Movimento 5 Stelle.

Il Movimento 5 Stelle continua ad opporsi al Mes, il fondo straordinario per aiutare i paesi in difficoltà garantito da Bruxelles. benché non ci siano interessi sul prestito.

Viste le tensioni incrociate che mettono a rischio la tenuta della maggioranza, Conte rimanda ancora il problema e punta a incassare il sì dell’Europa all’intero pacchetto di aiuti. «Se Olanda, Austria, Danimarca e Svezia proveranno a intaccare la consistenza del Recovery fund per l’Italia — ha messo in chiaro Conte nella conversazione con Merkel — ci troveranno meno flessibili sul bilancio europeo».

Dalla Cancelliera il capo del Governo ha incassato l’impegno a portare avanti una «proposta ambiziosa» nei numeri, ma a sua volta, per placare i «falchi», ha voluto tranquillizzarla sulla determinazione a modernizzare l’Italia. «Stiamo realizzando riforme importanti per sbloccare gli investimenti e semplificare il Paese — ha spiegato Conte —. E le facciamo perché ce le chiedono gli italiani, non tanto perché le vuole Bruxelles».

Quella a cui Conte tiene di più è il «metodo Genova» per una lunga lista di opere pubbliche di interesse nazionale, come ponti, autostrade e ospedali, che potranno procedere spedite a colpi di decreti della presidenza del Consiglio (Dpcm), grazie a procedure semplificate e alla eventuale nomina di un commissario con «poteri straordinari». Ma sono proprio le riforme a far ballare il Governo. Il rapporto privilegiato con il M5S è in crisi da tempo e ora scricchiola anche l’asse col Pd, che non nasconde più la delusione.

Il premier Giuseppe Conte in riunione con i capi della maggioranza.

Dalla riunione della maggioranza,  cui partecipano anche i ministri Gualtieri e Dadone e il sottosegretario Fraccaro, filtra la notizia che il condono denunciato dai Verdi è stato stralciato dal testo del decreto (assieme alle norme sulla PA), segno che Conte ha perso la sua battaglia. Il premier l’ha condotta a viso aperto. Ha sostenuto che la norma era stata proposta da alcuni governatori «tra cui Bonaccini» e portata avanti dalla ministra Dadone. E, da giurista, ha contestato che si trattasse di un condono in senso proprio: «Le sanzioni sono confermate».

A mettere in minoranza il capo del Governo — con Alfonso Bonafede descritto come «silente» dagli alleati — è stato l’asse tra il Pd, Italia Viva e Leu, concordi sulla necessità di velocizzare le procedure, ma contrari seguire la rotta del precedente governo con la Lega. Speranza non ne vuol sapere e va subito al punto: «Questo testo proprio non va, in sostanza dà ai Comuni il potere di sanare gli abusi con varianti edilizie. E poi, cosa c’entra con le semplificazioni?».

Per smentire di voler accentrare le decisioni, il premier Conte ha allargato la riunione. Al tavolo, oltre a Marianna Madia per il Pd, Davide Faraone per Italia Viva, Cecilia Guerra per Leu e Loredana De Petris per il gruppo Misto, c’è anche il vicesegretario del Pd. Andrea Orlando, come Speranza, è stato assessore all’urbanistica e dà manforte al ministro della Salute. La tenaglia si stringe e il premier deve arretrare, fino allo stralcio del condono. E non è tutto, perché le troppe tensioni e il rischio di un incidente parlamentare che faccia saltare il Governo, convincono la maggioranza a rinviare a settembre la riforma dei decreti sicurezza di Salvini.