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Un professionista che non apporta soluzioni è parte del problema.

Coronavirus, Locatelli: «In Italia epidemia tenuta a freno, ma il pericolo può arrivare da fuori»

Il Professor Franco Locatelli, è Presidente del Consiglio Superiore della Sanità da febbraio del 2019. Con lui si fa il punto sulla situazione contagi in Europa e nel Mondo. «In Europa nel complesso c’è sicuramente una netta e assai incoraggiante  – spiega il professor Locatelli – flessione dei contagi ma continuano a osservarsi episodi, più o meno rilevanti, che documentano come il virus circoli e possa creare improvvise riaccensioni epidemiche».

«In Italia è accaduto a Roma e, proprio in questi giorni, in Calabria. Ma è soprattutto quanto sta avvenendo nel più grande mattatoio della Germania, circa 1300 contagi, che fa comprendere quanto sia pericoloso distrarsi. Le autorità tedesche hanno avviato una riflessione su come gestire questo focolaio». Locatelli, onco-ematologo, fa parte del Comitato Tecnico Scientifico di supporto al Governo.

Il professor Franco Locatelli (1960) è Presidente del Consiglio Superiore della sanità. È anche onco-ematologo e fa parte del Comitato tecnico Scientifico che supporta il Governo di Giuseppe Conte.

Al di fuori dell’Europa preoccupa il popoloso stato latinoamericano del Brasile che non sembra avere miglioramenti.
«Oltre al Brasile anche l’India sono nel pieno della pandemia, in questi Paesi la diffusione del contagio è altissima, con un elevato numero di morti. Questo sta determinando una situazione marcatamente più seria di quella europea – continua il professor Locatelli – Ma questo non deve indurre tutti noi a credere di essere fuori pericolo. Viviamo in un mondo globale e queste realtà epidemiche, apparentemente lontane, non possono non attirare la nostra attenzione non soltanto per il doloroso numero delle vittime ma anche nella prospettiva di un nuovo innesco di contagi nel nostro Paese».

Il Presidente del Brasile Jair Bolsonero da molti considerato colpevole di una dissennata gestione dell’emergenza che ha favorito la diffusione de virus. Ma il Brasile sconta anche l’avere un Sistema sanitario nazionale non all’altezza della sua popolazione.

Una riflessione per i Paesi Europei come l’Italia che stanno esistano quasi per contagi e zero morti, con il picco dei contagi alle spalle. È un buon motivo per non considerarsi ancora al sicuro. «L’Italia è attualmente messa bene a parte alcuni focolai locali che comunque andavano messi in conto perché fanno parte della storia di un’epidemia – spiega il professor Franco Locatelli -. Quanto succede fuori deve però costituire un chiaro segnale di allarme. L’attenzione non deve essere alta, di più. Deve mantenersi altissima. Ci vuole poco a riaccendere la miccia del virus. Non dimentichiamo come tutto è cominciato. Noi a fine gennaio ci occupavamo della coppia cinese giunta in Italia e ricoverata allo Spallanzani e in Lombardia il Sars-CoV-2 già circolava. Il Paese non è blindato. La gente si muove da un continente all’altro ed è impossibile controllare tutti».

Un reparto di Terapia Intensiva di un ospedale brasiliano: il popoloso stato dell’America Latina conta oltre 1 milione di contagi e 51.400 morti. 

Come bisogna, allora, comportarsi? «Non perdiamo di vista la situazione globale. E i focolai, anche quelli che compaiono di tanto in tanto in Italia, devono ricordarci che non siamo usciti dal tunnel. Che il coronavirus è ancora un problema e lo sarà per diversi mesi. Dunque tutto ciò che assume la forma di assembramento va evitato».
«L’Italia ha fatto uno sforzo enorme e ha ottenuto risultati straordinari. Non vanifichiamoli con comportamenti poco responsabili, tipo la movida, che potrebbero compromettere il lavoro e i sacrifici compiuti e farci ricadere in un incubo appena vissuto. Dobbiamo onorare la memoria di 34 mila vittime, i nostri morti, non vanno dimenticati. La voglia di tornare alla normalità è impellente lo so. Però siamo prudenti fino a quando arriverà il vaccino». 

La situazione è particolarmente preoccupante anche in India (nell’immagine un’ospedale che cura i casi di Covid-19). Nel Paese ci sono 440 mila contagi o oltre 14 mila morti, ma i decessi potrebbero essere molti di più. Negli spedali mancano medicinali, respiratori e mascherine. 

 

Si parla sempre più, in modo insistente, di una seconda ondata tra l’autunno e l’inverno. «È una possibilità ma non sappiamo di quale entità. Se anche arrivasse non credo avrebbe le dimensioni della prima, anzi sarebbe altamente improbabile vivere un’esperienza paragonabile a quella di febbraio-aprile. E questo per diversi motivi: la maggiore capacità di intercettare i positivi, l’organizzazione degli ospedali, le norme di comportamento, la disponibilità di mascherine grazie al lavoro del commissario Arcuri. Più di questo contro un virus respiratorio non si può fare».

È quindi lecito credere che il vaccino è l’unico ostacolo al virus?
«Sì, è l’unica strategia che permetterà di venirne fuori – risponde il professor Locatelli -. Sono in sviluppo approcci tradizionali che si accostano a piattaforme completamente nuove. Prima i vaccini si ottenevano utilizzando virus uccisi o attenuati, ora possono basarsi sull’impiego di vettori virali e di acidi nucleici. Ci sono diversi candidati vaccini avviati verso un’avanzata fase di sperimentazione».

Secondo il professor Locatelli del Consiglio Superiore della Sanità sarà la scoperta del vaccino per il Covid-19 a debellare per sempre i contagi e la sua mortalità.

«L’Italia è in prima fila anche dal punto di vista della partecipazione ad alcuni dei progetti più promettenti. Quando le dosi saranno disponibili penseremo a chi darle in via prioritaria. Pensiamo agli operatori sanitari, alla Protezione Civile e alle categorie a rischio vale a dire anziani e malati cronici. Non sono convinto che le dosi saranno limitate»
Bisognerà garantire la sicurezza del vaccino.
«Non c’è nessun motivo per guardarlo con diffidenza in quanto saranno vaccini passati attraverso controlli ineludibili mirati a provare la loro sicurezza. Piuttosto preoccupano i risultati di un sondaggio secondo il quale il 41% degli italiani non sarebbero convinti di aderire a programmi vaccinali. Dovremo impegnarci tutti per far comprendere quanto sia utile proteggersi».